Arabi invisibili - Catalogo ragionato degli arabi che non conosciamo. Quelli che non fanno i terroristi

Il rapporto tra mondo arabo e modernità è molto più complesso di come lo immaginiamo. Il catalogo odierno degli arabi che non conosciamo e che spesso, non senza colpa, accusiamo indiscriminatamente di terrorismo.
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È probabile che George W. Bush non abbia mai bevuto una limonata alla menta. È probabile, dunque, che Bush così come la maggior parte di chi decide delle sorti del Medio Oriente e del Nord Africa non sia mai entrato attraverso la grande porta della cultura araba. Eppure quella che è una delle bevande tradizionali del mondo arabo è il sunto di una civiltà - a noi legata da intrecci invisibili lanciati lungo il Mediterraneo - che ha nel suo Dna raffinatezze e profondità dimenticate dall'Occidente.

Il mondo arabo continua anche oggi a vivere, oltre il velo dei nostri pregiudizi. In una fascia cangiante che va da Casablanca a Ryiadh si muovono milioni di arabi invisibili, schiacciati dal peso di uno stereotipo ormai imperante in Occidente, per il quale tutti coloro che hanno un passaporto mediorientale o nordafricano sono potenziali terroristi, kamikaze, seguaci di Osama bin Laden.

Il catalogo odierno degli arabi invisibili, invece, è lungo, variegato, sorprendente. Ne fanno parte ragazzi che usano Internet, professionisti educati nelle nostre università, cineasti e fior di scrittori. Se la lista degli arabi che non conosciamo fosse solo questa, però, saremmo al semplice elenco di quelli bravi, buoni e simpatici. Bisogna, invece, superare il muro, e osservare quella lunga teoria di uomini e donne a cui l'Occidente non riconosce volto e fattezze: quelli che si fanno in quattro per mandare i figli a scuola, che inondano la regione delle rimesse del loro lavoro, che fanno cultura tra le maglie della censura e opposizione tra le costrizioni dei regimi.

L'homo arabicus del Terzo Millennio compare, così, in tutta la sua complessità. I seguaci dell'islam politico - ormai la maggioranza degli elettori - chiedono democrazia e diritti civili, appoggiati dai settori laici e liberali. Le femministe più preparate indossano il velo, mentre la cultura pop dei videoclip e dei film incide sui cambiamenti sociali. I nuovi imprenditori non sono più gli sceicchi del petrolio, ma governano telefonini e tv. Finita, dunque, l'era delle odalische, dei beduini, quello che si apre a un occhio attento è un mondo ricco, alla ricerca di un nuovo rinascimento considerato imperativo. Che rifiuta con stizza lezioni di democrazia e civiltà dall'Occidente.


Articolo tratto da: MaanInsieme - http://maaninsieme.altervista.org/
Pubblicato Mercoledi 23 Maggio 2012 - 06:40 (letto 6044 volte)
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