Il messaggio del sinodo - Enzo Bianchi

Il sinodo straordinario sulla famiglia si chiude oggi con una liturgia eucaristica e la beatificazione di Paolo VI...

Ieri tre testi sono apparsi: il tradizionale messaggio conclusivo come saluto e gesto di condivisione, inviato a tutte le famiglie dei diversi continenti e in particolare a quelle che seguono Cristo; la relazione conclusiva votata dai vescovi, con l'inedita indicazione dei voti favorevoli e contrari espressi per ciascun paragrafo, relazione che, per volere del papa diventa anche il documento preparatorio - i Lineamenta - per il prossimo sinodo sulla medesima tematica che avrà luogo a Roma nell'ottobre prossimo.
Infine, il discorso di papa Francesco rivolto ai padri sinodali al termine della giornata. Da questi tre testi, di natura diversa e complementare, emerge un unico messaggio non scritto lasciato da papa Francesco e dai vescovi riuniti in sinodo attorno a lui. Non un ipotetico messaggio alternativo, non uno spirito del sinodo contrapposto a una lettera dei testi, ma un'immagine che la chiesa cattolica ha voluto dare di sè e che, a giudicare dall'attenzione riservatale dai media, è riuscita a trasmettere. È il messaggio di una chiesa che cerca. Ma non come chi non sa dove vuole andare, non come chi procede a tentoni, non come chi ha smarrito l'adesione alla realtà, ma come chi non si stanca di cercare il regno di Dio e la sua giustizia (cf. Mt 6,33). Un chiesa quindi che, consapevole della propria inadeguatezza e dei peccati dei suoi membri, cerca ogni giorno una sola cosa: come essere più fedele al Vangelo di Gesù Cristo.
È un messaggio corale di grande libertà interiore, quella libertà che papa Francesco ha chiesto e ha dato a tutti i vescovi: libertà di manifestare senza paure o esitazioni ciò che nel loro cuore e nella loro coscienza il vangelo di Gesù Cristo annuncia riguardo alla sessualità, alla famiglia e alle storie di amore di uomini e donne alla sequela di Gesù. Su questo la testimonianza è stata unanime: massima trasparenza, piena libertà di espressione, fino a manifestare anche dure contrapposizioni. È stata non una scommessa ma un'intuizione profetica di papa Francesco: non solo lasciare che tutti i vescovi parlassero con ordine e coerenza, ma sollecitarli al confronto, favorire l'approfondimento della discussione, permettere che ogni singolo intervento non fosse slegato dal contributo offerto dagli altri. Una libertà di espressione, di reciproca correzione fraterna di cui hanno potuto godere anche, e forse soprattutto, gli esponenti di quella che le votazioni hanno poi mostrato essere una chiara minoranza.
Sì, nella chiesa il processo di discernimento della volontà del Signore può essere faticoso, a volte può perfino passare attraverso la polemica, ma deve sempre essere dettato dall'obbedienza al vangelo e a nient'altro che al vangelo. Così il confronto non è stato sulla indiscussa dottrina dell'indissolubilità del matrimonio cristiano: su questa - che andrebbe chiamata fedeltà alla parola data davanti al Signore - la chiesa non può mutare nulla perché fondata sulle parole stesse di Gesù, ma ciò di cui si è discusso al sinodo è stato di capire con quali mezzi la misericordia di Dio può raggiungere chi ha peccato, fino a offrirgli un viatico nel suo cammino verso il regno, dopo averne constatato il pentimento e la serietà dell'impegno nella sequela cristiana. Su questo aspetto la contrapposizione è stata anche di natura culturale: nessuno ha parlato della possibilità di amministrare nuovamente un sacramento che possa contraddire o cancellare ciò che Dio ha unito. È invece proprio su questa azione di Dio che ci si è interrogati per capire se sempre si è verificato che i coniugi fossero animati dalla fede in questa alleanza sancita da Dio, per farsi carico della sofferenza di chi ha visto morire un amore e ha cercato di ricominciare lealmente un nuovo cammino di fedeltà. Non la dottrina è stata interrogata, bensì l'atteggiamento di misericordia della chiesa. In ogni caso va dato atto che i due approcci apparentemente contrapposti hanno avuto entrambi la possibilità di esprimersi e di conoscere direttamente le motivazioni reciproche, così che tutti hanno avuto l'opportunità di compiere uno sforzo comune per rileggere la volontà del Signore nell'oggi della storia.
Il documento finale indica allora una pista di ricerca e di lavoro: non mette la parola fine alla discussione, ma indica per essa uno stile nuovo, segnato da rispetto, ascolto, umiltà. Quelle stesse virtù umane e cristiane che ritroviamo nel discorso conclusivo di papa Francesco che, pur ribadendo il carattere decisivo della propria autorità, si presenta esplicitamente come servo dei servi di Dio e richiama i fratelli nell'episcopato all'obbedienza al vangelo, ammonendoli sulle tentazioni che minacciano tutti e ciascuno e riconfermandoli nella fede.
Sì, dai lavori di questi giorni e dalle parole che li raccontano è possibile attendersi che gli uomini e le donne di oggi e di domani siano ancora attratti dal profumo di Cristo, siano affascinati dal Figlio di Dio venuto per i malati e i peccatori, morto e risorto per tutti, siano capaci di rendergli testimonianza attraverso le loro povere vite, attraverso la grandezza e le miserie della loro vita familiare quotidiana.

Pubblicato su: La Repubblica


Articolo tratto da: MaanInsieme - http://maaninsieme.altervista.org/
Pubblicato Giovedi 30 Ottobre 2014 - 06:14 (letto 2770 volte)
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