Gerusalemme, sul filo del rasoio - Paola Caridi

Gerusalemme cammina sul filo del rasoio da anni. Lo abbiamo detto in tanti, lo hanno scritto i consoli per anni, le Nazioni Unite, gli analisti Voces clamantes.
Alla fine dello scorso giugno, nei primi giorni dello scorso luglio, quel filo del rasoio è divenuta una soglia superata dalla "caccia all'arabo" che si è svolta sotto gli occhi dei giornalisti internazionali, dopo il ritrovamento dei corpi senza vita dei tre ragazzi israeliani uccisi nell'area delle colonie tra Betlemme e Hebron...

Tanto esplosiva, la situazione a Gerusalemme, che in pochi - fra noi che abbiamo vissuto a Gerusalemme - ci siamo stupiti dello scoppio della guerra a Gaza, e dell'operazione militare in grande stile portata avanti dalle forze armate israeliane. E alla luce di quello che è successo nelle ultime settimane a Gerusalemme, si può dire che Gaza, a luglio, è scoppiata per evitare che scoppiasse Gerusalemme.
Gerusalemme rischia di esplodere. In parte è già esplosa. E non è un fulmine a ciel sereno. Gerusalemme si è profondamente modificata, negli anni. La presenza sempre più evidente dei coloni più radicali nei quartieri palestinesi di Gerusalemme est ha provocato quello a cui oggi assistiamo, senza che le cancellerie abbiano strumenti incisivi per fermare la violenza. La hebronizzazione di Gerusalemme va avanti costantemente da un decennio almeno. L'acquisto delle case da parte delle associazioni più radicali a Silwan, a Ras al Amud, in tutti i quartieri palestinesi più vicini alla Città, e anche nei quartieri musulmano e cristiano della città entro le mura di Solimano il Grande, mette non solo a rischio lo status quo di Gerusalemme. Mette a serissimo rischio la vita degli abitanti di Gerusalemme.
Il ferimento di Yehuda Glick, tra gli esponenti più estremisti del movimento che vorrebbe ricostruire il Terzo Tempio sulla Spianata delle Moschee, è solo l'ultimo, violento episodio di un conflitto neanche tanto strisciante che è in atto da mesi a Gerusalemme. La polizia israeliana ha ucciso il presunto responsabile, in uno scontro a fuoco. Nessun processo per Mutaz Hijazi. Nessuna difesa, nessun tribunale. Gerusalemme è un posto diverso da Roma o da Parigi, e la giustificazione sarà sempre la stessa: con l'uccisione di un uomo si previene un attentato, si prevengono lutti, morti, vittime. Nessuna voce si alza, nel frattempo, per chiedere conto delle centinaia e centinaia di arresti di palestinesi (compresi molti minori, ragazzini) che sono stati compiuti nel corso di questi quattro mesi e mezzo: si parla addirittura di 700 arresti, moltissimi in detenzione amministrativa. Arresti compiuti durante gli scontri dentro e attorno alla Città Vecchia, e nei quartieri palestinesi dove la presenza dei coloni radicali israeliani è ormai diffusa.
La Spianata delle Moschee è spesso vietata a una gran parte di fedeli, in genere sotto i 50 anni. E oggi, per la prima volta dal 1967, l'accesso alle moschee di Al Aqsa e della Cupola della Roccia è stata vietata a tutti. Un atto, compiuto dalle autorità israeliane, che rischia di essere una vera e propria dichiarazione di guerra. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare. Dello stato in cui versa Gerusalemme le cancellerie occidentali sanno tutto da anni. Non possono dire di non sapere, di non aver visto. Possono dire, certo, di non aver fatto nulla.

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Articolo tratto da: MaanInsieme - http://maaninsieme.altervista.org/
Pubblicato Venerdi 07 Novembre 2014 - 06:30 (letto 3058 volte)
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